Nel turbinio di commentatori e commenti economici, nel bel mezzo di invasioni lessicali quotidiane e apparentemente fuori controllo (spending review, spread, fiscal compact, agenzie di rating) può far notizia sapere che l’Università di Urbino ha una rivista di economia scritta da specialisti. L’economia raccontata proprio dagli economisti sembra quasi un’ eccezione. Figurarsi l’economia raccontata da economisti che, senza l’ossessione dell’economia (perdonate il gioco di parole), vogliono aprirsi a una lettura del presente che sia interdisciplinare. Se il ragionamento fila come dovrebbe, allora non potrà cadere nel vuoto l’iniziativa del quadrimestrale Argomenti. A qualcuno questa testata dirà qualcosa. Sì, certamente… quanti di voi hanno pensato alla poderosa storia di “Nuovi Argomenti”, la rivista fondata da Alberto Carrocci e Alberto Moravia, non si sono sbagliati. Un riferimento alla quasi omonima effettivamente c’è. Il nome tuttavia è lo stesso della rivista cartacea nata 30 anni fa ed edita da Franco Angeli. Ora quella esperienza è stata completamente riassorbita dall’Ateneo e intanto, mutatis mutandis, è passata al web. A presentarla in questa nuova veste è il direttore scientifico, Ilario Favaretto, ordinario di Economia.
Argomenti – racconta – ha un lungo e operoso passato con cadenze decennali. Dopo dieci anni dalla sua nascita si interruppe, per ripartire (di nuovo), a distanza di due lustri, con una tiratura nazionale. Oggi, terzo decennale, migra online (on demand su carta) mantenendo però la sua grafica classica e il progetto culturale interdisciplinare.
Professor Favaretto, cosa significa che il taglio è accademico e interdisciplinare?
Nei tre numeri che faremo uscire annualmente e nei tre o quattro contributi che inseriremo in ogni numero, avremo un approccio scientifico e la supervisione di un Comitato scientifico costituito da esponenti di differenti gruppi di ricerca. Ma non ci limiteremo all’economia: osserveremo e analizzeremo anche la cultura e i temi sociali. Accoglieremo inoltre le produzioni scientifiche di studiosi. Quindi concorreranno all’iniziativa anche altre Università italiane, allo scopo di alimentare le relazioni scientifiche e accademiche del nostro Ateneo con gli altri gruppi di ricerca nazionali.
Perché l’economia non si basta da sé?
Perché quella economica non può essere l’unica chiave di lettura dei fenomeni complessi e della realtà, è evidente. Il pericolo, ogni volta che sia assume l’economia come unico criterio di giudizio, è quello di aderire a una visione economicistica e non economica dei problemi.
Il vostro think thank avrà obiettivi precisi o il bersaglio di indagine sarà mobile?
Ci focalizzeremo sullo sviluppo delle economie territoriali, dei subsistemi, delle economie regionali. In altre parole, terremo in altissima considerazione i contesti; da qui l’interesse per la ricerca sociale e gli aspetti culturali, consapevoli che l’economia non è una scienza esatta ma, appunto, una scienza sociale. Ci domanderemo che cosa può incrementare l’efficacia della governance, una tematica che è all’ordine del giorno ma che spesso è lasciata all’approfondimento dei singoli studiosi. La rivista si metterà alla ricerca di una visione condivisa sulle dinamiche che creano sviluppo sulla base di un adeguato assetto sociale.
Non c’è il rischio di scadere in un’impostazione localistica?
No, questo rischio non esiste, anche perché non dobbiamo dimenticare che qualsiasi risposta su scala globale presuppone un’organizzazione territoriale ben precisa, una strategia di sviluppo. Se si vogliono ottenere effetti non effimeri degli interventi economico-politici, la ridefinizione dell’assetto istituzionale non può essere frutto di visioni formali o soltanto di natura politica. Il punto non sta nell’arrivare a un buon livello di agglomerazione ma nell’efficientare il modello diffuso di sviluppo. Il governo della Germania si articola, direi da sempre, secondo modalità decentrate. Non ci sono metropoli, ma centri medi molto ben organizzati. Il primo numero è già online. Quali sono i risultati immediati? In questi primi mesi ci sono arrivate tantissime proposte di pubblicazione che stiamo valutando. Questo è davvero un ottimo segnale.
Il carattere specialistico può fare il paio con un target che risponde a interessi più generalisti?
Fermo restando che, come ho detto, la rivista è un prodotto editoriale di studio e approfondimento, nulla toglie che possa raggiungere un livello di comunicazione tale da poter sconfinare anche fuori dalle Università. Argomenti non è mai stato uno strumento di divulgazione ma questo non preclude una sua diffusione anche in altri ambienti. Tra l’altro con la novità che tutto il materiale sarà disponibile anche in lingua inglese.