Vocazione, i curricula di Scienze della Comunicazione dell’Università di Urbino Carlo Bo, nascono dalla vocazione. Ma cosa c’entra la vocazione con un percorso di studi? C’entra, dato che l’abbinamento è del professor Giovanni Boccia Artieri, referente del corso di laurea in Informazione Media Pubblicità. A lui allora occorre chiedere una definizione più accurata: “E’ nel dna di questo Ateneo, nella sua storia, nella sua tradizione lo studio dei linguaggi e della comunicazione e questo è ciò che ci da credibilità”. Abbiamo appena citato un altro concetto chiave di questo post: credibilità. Siamo su un terreno nel quale è impossibile improvvisare. Negli anni, in Italia, qualcuno ci ha provato, ma senza riuscire a ridurre il gap con un’identità molto ben definita con “una tradizione – spiega il coordinatore della Scuola, Bernardo Valli – che ci ha permesso di costruire corsi di laurea su di una base solida che era già presente all’interno della Facoltà di Sociologia”. “Studiare a Urbino – aggiunge Boccia Artieri rilevando un vantaggio che ogni studente interessato all’argomento dovrebbe tenere presente – significa entrare a far parte di una community del sapere, affidarsi a un’esperienza valida confermata dal passaparola che gli studenti fanno tra loro”. Vocazione, credibilità. Stabiliti questi due elementi che fanno della Carlo Bo un caso peculiare nel contesto nazionale dobbiamo passare alle coordinate principali delle triennali seguendo le quali gli iscritti riescono a realizzare un profilo professionale poliedrico: il curriculm in Informazione, spettacolo e new media e quello in Comunicazione pubblicitaria. Due diverse opzioni interpretative date alla pubblicistica: da una parte l’informazione, dall’altra la pubblicità.
Informazione, spettacolo, new media
Questa terna rappresenta benissimo una delle specificità di Urbino, dove ogni tassello è un pezzo di storia passata e presente. L’informazione, orientata all’esperienza giornalistica, perché a Urbino esiste da anni una vera e propria filiera che partendo dalla formazione di base arriva fino all’Istituto per la Formazione al Giornalismo; lo spettacolo, filone derivato da uno dei primi Istituti italiani dedicato allo studio dei linguaggi del cinema e del teatro; new media, perché la tradizione è anche capacità di aggiornamento, di stare (come si dice) al passo. “In base al dna che ci caratterizza – spiega Boccia Artieri usando una metafora – siamo in grado di sviluppare un Rna messaggero nuovo”. Questa trasmissione avviene principalmente grazie ai new media, rispettando però un principio senza tempo: prima di approcciarsi alle nuove professioni, al digitale, al cinema, alla fotografia, alle reti sociali, alla letteratura, alle tecniche del linguaggio è bene rimandare a memoria la lezione che il sapere da solo non paga, bisogna unirlo al saper fare. Il risultato spesso è più artigianale che intellettuale, ma questo non conta. Il punto vero è l’efficacia di ciò che si fa.
Comunicazione pubblicitaria
Il secondo curriculum in Comunicazione pubblicitaria è ugualmente trasversale, orientato tuttavia alla creatività applicata all’impresa, alle strategie della comunicazione e all’organizzazione di eventi culturali e dello spettacolo. La distinzione è anche semantica: il lettore diventa pubblico, utenza, l’informazione campagna e compare nel piano studi l’insegnamento di Marketing. Cambiano in buona sostanza le finalità: l’obiettivo diventa quello di raggiungere pubblici mirati con un prodotto editoriale, con un brand, con una merce attraverso l’utilizzo analitico dei digital media, una metodologia, una progettazione, una tecnica specialistica. Errato credere e immaginare che siccome siamo tutti social, nei fatti tutti un po’editori di noi stessi, allora non sia richiesta alcuna competenza particolare. Già nel dover gestire il gruppo Facebook di yoga o la pagina del club del tennista ci accorgeremmo delle difficoltà di portare alla massima espressione le potenzialità dello strumento.
Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni
Fatta la disamina dei curricula triennali passiamo ora alla carriera magistrale della Scuola. Nel dettaglio al corso di laurea biennale in CPO, Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni. Prima però un consiglio preventivo: mettete da parte il link del blog (https://blogcpo.wordpress.com), andatevelo a rivedere, magari in un secondo momento. Sono gli stessi studenti e i laureati che raccontano in questo spazio i primi risultati professionali. Le loro interviste e i loro commenti meritano attenzione. Si scrive ad esempio di un sogno, l’Erasmus, della scelta finale di volare sulle rive del fiume Pegnitz, a Norimberga, di mettere in pratica all’estero le conoscenze e competenze acquisite. Ora, il principale criterio per orientarsi nelle scelte da prendere è l’occupabilità. La magistrale in questo senso ha ottimi indicatori: il 79,2% dei laureati è occupato entro un anno dalla laurea, in percentuale maggiore rispetto alla media nazionale dei laureati nella stessa classe, pari al 71,5%; i laureati CPO ritengono che la laurea magistrale che hanno conseguito sia efficace nel lavoro svolto nell’81,3% dei casi, contro la media nazionale del 68,7% (dati AlmaLaurea). “Il campo sul quale lavoriamo è ampio – spiega la professoressa Roberta Bartoletti, referente del corso – e va dalle tematiche legate al sociale, alla comunicazione, alla tecnologia. Non ci sono restrizioni, il piano studi deve fornire la massima autonomia e capacità di adattamento ai continui cambiamenti del mondo della comunicazione”. Qualità che si avvicinano molto a quelle richieste a un imprenditore: “I nostri studenti hanno davanti a sé una molteplicità di percorsi possibili, non predefiniti in modo rigido, con carriere che vengono costruite in modo flessibile e molto diverse tra loro. Noi strutturiamo professionisti che hanno strumenti e metodo per affrontare il mondo del lavoro cercando di far sperimentare ciò che si studia già durante il biennio universitario”. Poi però i futuri copywriters, accounts, media expert, responsabili della comunicazione oppure comunicatori pubblici o social media manager, avranno tutti gli elementi per potersi adattare alle offerte del mercato occupazionale. Saranno capaci, in estrema sintesi, di autoimprenditorialità. D’altronde allenare alla flessibilità in questo campo, nel quale i mutamenti avvengono alla rapidità della luce, è l’operazione più difficile e al contempo la più utile. Prevede infatti un tipo di formazione che non si fermi ai libri di testo e docenti che siano anche professionisti. E infatti: “Tutto ciò che facciamo, sia che riguardi la comunicazione pubblicitaria o istituzionale, viene supportata e consolidata dall’attività pratica. Abbiamo un blog all’interno del quale docenti e studenti raccontano le loro esperienze che costituisce un primo importante canale di prova. Poi collaboriamo con le imprese del territorio, con alcune grandi imprese (il caso è quello di McDonald’s, della collaborazione pluriennale con il Festival del cinema di Pesaro o della campagna di comunicazione “Aido chiama giovani“, realizzata per l’Associazione Italiana per la Donazione di Organi). La figura del manager o del consulente della comunicazione, per essere completa, ha necessità di queste forme di interazione e scambio con l’esterno e non è un caso che nostri laureati siano oggi nelle agenzie più importanti”. “La sfida della Scuola di Scienze della Comunicazione è formare figure professionali che il mercato del lavoro non richiede ancora. Occorre avere un pensiero strategico avanzato; alle PMI serve qualcuno che le accompagni dentro il mondo della comunicazione”. Il professor Boccia Artieri ha pochi dubbi in merito e il continuo monitoraggio svolto sull’ingresso dei laureti nel mercato del lavoro e, quindi, sulle esigenze dell’impresa non può smentirlo: “L’artigiano di provincia, così come la grande azienda, hanno entrambi bisogno di posizionarsi nel mercato globale ed è questo ciò che facciamo: aiutiamo a comunicare un brand, un’istituzione a costruire uno storytelling efficace”.
La COLONIA della Comunicazione
Nella cassetta degli attrezzi del CPO e dell’Università c’è anche un’agenzia interna. Si chiama la COLONIA della Comunicazione ed è un contenitore ultradecennale nel quale agli iscritti è concesso di sperimentare e fare laboratorio. Da qui arrivano loghi (l’esperienza fatta con l’azienda ospedaliera “Ospedali Riuniti Marche Nord” insegna), campagne e piani marketing commissionati da privati e pubblici esterni. Accompagnati da docenti selezionati gli studenti vengono quindi in contatto con aziende e professionisti simulando equipe di lavoro. “Per inserire i ragazzi nel lavoro della COLONIA – commenta Boccia Artieri – si tiene conto delle loro attitudini”. Ogni proposta viene definita e discussa all’interno di un gruppo di lavoro. L’operatività deve rispecchiare il concetto espresso in chiusura dal coordinatore della laurea triennale: “Il curriculum non è qualcosa da scrivere alla fine dell’esperienza universitaria, ma ciò che si rende visibile già durante il percorso degli studi, nel racconto quotidiano del sapere e saper fare”.