L’11 maggio sarà il premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, economista e banchiere bengalese, noto per essere l’ideatore della microfinanza, ad inaugurare il primo incontro che dà il titolo all’intero ciclo: Costruire un mondo migliore: sfide e preparativi oggi per il domani (qui il link dello streaming dell’Università degli Studi della Basilicata). Ne seguiranno altri 3, fino al 20 maggio, su temi legati all’ambiente, all’economia e ai diritti umani. Si tratta di un’iniziativa a cui ha aderito anche lo Yunus Social Business Centre dell’Università di Urbino, a quasi un anno esatto dalla sua nascita. Ne abbiamo parlato con la direttrice, la professoressa Elisabetta Righini.
Professoressa, quali sono gli appuntamenti e di che cosa si parlerà più nello specifico?
Innanzitutto si tratta di una proposta della Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata, dell’Università degli Studi della Basilicata e dello Yunus Social Business Centre della Basilicata, in collaborazione con la rete di centri di social business italiani attivi a Urbino, Bologna, Venezia e Firenze. Oltre alla data dell’11 maggio, sono 3 i seminari a distanza previsti che coinvolgeranno anche esperti del Centro Yunus di Dhaka: il 14 maggio affronteremo i temi social business e salute; il 18 maggio ci sposteremo sul social business e le sue sfide; il 20 maggio parleremo invece della rete degli Yunus Centre, dell’esperienza del social business in Italia e del modello lucano Abitazione per la Pace. Avremo infine l’intervento di padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, che ci parlerà del nuovo approccio dell’economia.
A chi sono rivolti i seminari?
I destinatari dello Yunus Centre di Urbino sono innanzitutto gli studenti dei corsi di laurea di Economia e management e Giurisprudenza, con i quali quest’anno abbiamo svolto un’intensa attività formativa sui temi del social business e dell’economia sociale, con varie iniziative di carattere seminariale. Con i ragazzi di Giurisprudenza abbiamo affrontato i temi del microcredito, coinvolgendo importanti attori del mondo finanziario che da tempo operano nel settore, come il Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea. Mentre con gli studenti di Economia abbiamo organizzato una simulazione di impresa, volta a ipotizzare la creazione di social business che potessero affrontare esigenze di carattere sociale, soprattutto quelle derivanti dall’attuale situazione di emergenza. Tuttavia le nostre iniziative sono aperte a tutti gli studenti dell’Ateneo, stante la loro trasversalità e la rilevanza di carattere generale. Fra l’altro, uno dei temi chiave per il nostro Centro è quello del rapporto fra impresa e cultura, intesa come motore di sviluppo economico e sociale. Quindi tutte le attività culturali (scientifiche e umanistiche) possono offrire un utile contributo al nostro dibattito. Aggiungo che abbiamo aperto questi seminari alla partecipazione degli studenti degli istituti superiori del territorio, come primo approccio alla realtà e al mondo dell’Università. Più in generale, anche attraverso le opportunità che ci offre lo streaming, ci rivolgiamo a tutte le persone interessate, innanzitutto docenti, imprenditori, professionisti, rappresentanti delle istituzioni pubbliche e private.
L’iniziativa è un’esigenza scaturita dalla situazione che stiamo vivendo oppure è una proposta precedente?
Il programma è precedente, ma si è pensato di curvarlo sui temi dell’emergenza creando uno spazio di dibattito dedicato. D’altra parte la salute e la sostenibilità ambientale sono caratteristiche del modello economico proposto. È declinato in tre punti:
● la necessità di rivedere il sistema economico globale;
● di ripensare l’approccio all’ecosistema globale e ai cambiamenti climatici;
● di riaffermare i diritti umani fondamentali.
Il social business pone la questione di una nuova economia possibile. Anzi, come ha scritto lo stesso Yunus nei giorni scorsi sulle colonne di un quotidiano italiano, di un new deal necessario al raggiungimento della felicità, della Super Happyness.
La capacità di trovare soluzioni innovative ed economicamente sostenibili è il punto di partenza del modello che i centri Yunus vogliono replicare. Tanto per essere chiari, non è la promozione di una forma di filantropia. Il business è parte essenziale, che tuttavia non esclude i diritti dell’uomo e la sostenibilità ambientale. La legge italiana spesso vede l’impresa sociale come elemento di contrasto all’emarginazione o come contributo alla socioassistenza. La cultura che studiamo e approfondiamo nei centri Yunus è invece cultura dell’imprenditorialità e dell’autoimprenditorialità, consapevole del fatto che ambiente naturale e sociale ed economicità non possono essere in lotta. Non abbiamo un planet b! Esistono esempi di questo tipo, che non sono esattamente fondazioni filantropiche, ma grandi imprese sociali. In Bangladesh la più grande compagnia telefonica e la più importante società di erogazione di energia elettrica sono legate a Grameen e al microcredito. Portare rete mobile ed elettricità in certe aree geografiche del Paese ha sottratto milioni di persone dall’esclusione e dalla povertà. Sulla stessa scorta ci sono multinazionali che hanno convertito parte del business ad attività di questo tipo.
L’Italia come recepisce questo approccio?
Il social business ha bisogno di essere maggiormente conosciuto, ma c’è una sensibilità crescente rispetto a temi vicini, come quelli della responsabilità sociale d’impresa e della benefit corporation. Ci sono ad esempio molte imprese che hanno inaugurato il proprio bilancio sociale. Le Marche, nel contesto italiano, si distinguono per una profonda attenzione ai valori della solidarietà e dell’ambiente. Lo scopo dei centri è proprio quello di rafforzare questa nuova sensibilità negli studenti e nella futura classe dirigente e imprenditoriale. La vocazione peculiare dello Yunus Social Business di Urbino, città di cultura e di Università, è di farlo attraverso il linguaggio dell’arte, come è stato in occasione dell’inaugurazione con l’opera lirica 27 dollari, scritta da Paola Samoggia, ispirata alla storia del premio Nobel Yunus e interpretata dalla direttrice artistica del nostro centro Yunus, il soprano Felicia Bongiovanni. Proprio durante il seminario trasmetteremo una breve clip della serata e ci occuperemo del contributo che l’arte e la cultura possono offrire per superare le difficili sfide del momento, in ambito sociale ed economico. Anche qui: arte come motore di sviluppo economico e sociale sostenibile e vicino alla persone, e non semplicemente come forma espressiva o di intrattenimento.
Assisi è un luogo che si vede citato nel programma a proposito dell’intervento di padre Fortunato. Ma ci sono degli antefatti in questo scambio fra il social business e la città umbra.
Nel settembre 2019 Muhammad Yunus ha ricevuto la Lampada della pace, riconoscimento attribuito dai frati del Sacro Convento a personalità che condividono gli stessi valori del santo di Assisi. Inoltre The Economy of Francesco, l’evento internazionale promosso da papa Francesco, che avrebbe dovuto richiamare in città da tutto il mondo giovani economisti, imprenditori e change-makers dal 26 al 28 marzo, prevedeva i contributi di Yunus e di altri premi Nobel ed esponenti dell’economia sociale, tra cui Amartya Sen, oltre che la presenza del Pontefice. Le tappe di questo incontro si devono ad un’affinità profonda con una sensibilità spirituale che pone l’uomo al centro della vita economica, non il semplice profitto. Non a caso il motto del professor Yunus è “fare soldi rende felici, ma fare felici gli altri rende ancora più felici”. Sta in questa “Super Happyness”, che nasce dalla gioia del dono, l’affinità più profonda tra l’ideatore del microcredito e san Francesco.