13 aprile: appuntatevi questa data. È il giorno della conferenza The technology transfer cycle  (ore 9,30 – Palazzo Bonaventura) organizzata dall’Università di Urbino, che anticipa il World intellectual property day, dedicato quest’anno alla genialità, all’ingegnosità, alla curiosità e al coraggio delle donne che hanno cambiato la storia.

Il Prorettore alle Attività di Terza Missione dell’Università di Urbino, Fabio Musso, ha risposto alle nostre domande per chiarire un tema, quello della proprietà intellettuale, di cui si discute da secoli. Solo un aneddoto: è del VII secolo a.C. il primo concetto di brevetto della storia. Ha a che fare con una ricetta di cucina.

Quando parliamo di ciclo del trasferimento tecnologico a che cosa dobbiamo pensare precisamente?

Anzitutto il tema va contestualizzato nell’ambito delle Attività di Terza Missione e fa parte del più ampio knowledge transfer cycle. Il trasferimento tecnologico è il processo grazie al quale le innovazioni, frutto della ricerca, vengono “acquisite” dalla società con ricadute di tipo economico, culturale e sociale. La conferenza cercherà di mettere a fuoco il tema della facilitazione del trasferimento tecnologico e dell’utilizzo dei brevetti.

Un passo indietro: come possiamo schematizzare il tema della proprietà intellettuale?

La proprietà intellettuale è l’insieme dei diritti che tutelano i risultati della creatività dell’uomo. Possiamo individuare due sottoinsiemi: diritto morale e diritto patrimoniale. Il primo riguarda il riconoscimento della paternità di un’opera. Il secondo diritto è collegato allo sfruttamento dei benefici economici che derivano dall’opera. Mentre il primo diritto è incedibile, il secondo può essere venduto. Questa distinzione ha radici molto lontane nel tempo, in Magna Grecia (VII secolo a.C.). Poteva essere “brevettata”una pietanza originale ed elaborata consentendo a chi per primo l’avesse inventata di avere il monopolio sui profitti per un periodo di 12 mesi. Un’altra data fondamentale è il 1474. Per la prima volta il Senato della Repubblica di Venezia approva

un decreto che mette definitivamente nero su bianco il concetto di proprietà intellettuale.

Perché si parla di ciclo del trasferimento tecnologico?

Perché è un processo circolare. La spiegazione è più facile a partire da un esempio concreto, il caso di uno spinoff che si occupa di ricerca in un determinatosettore farmacologico. I bisogni dei pazienti sono il punto di partenza, l’impulso principale della ricerca. Al laboratorio corrisponde la fase di sviluppo e sperimentazione che termina nella richiesta di brevetto, uno degli strumenti per tutelare la proprietà intellettuale. La concessione del brevetto determina l’avvio della fase di commercializzazione del prodotto farmaceutico; quindi si ritorna al punto di partenza, chiudendo questo processo circolare: al paziente, fruitore del prodotto. Oggi comincia a farsi sempre più strada il concetto di paziente esperto, fondamentale per lo sviluppo della ricerca clinica o farmaceutica e per dell’intero ciclo di trasferimento tecnologico

Qual è l’obiettivo della conferenza?

Il confronto fra esperienze diverse è un metodo per capire come valorizzare al meglio i brevetti, sapendo che questo crea occupazione e comporta un miglioramento della ricerca accademica e della didattica. Al tavolo dei relatori avremo come ospiti Mariagrazia Squicciarini dell’OCSE, Loredana Guglielmetti di UIBM (Italian patents and Trademarks Office), Marta Caratirino dell’Università del Minho, Roberto Moro Visconti, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Lorenzo Polenzani, R&D Pipeline Strategy Manager di Angelini S.p.A.

Nel contesto internazionale ci sono Paesi modello che guidano il technology transfer cycle?

Senz’altro i Paesi del Nord Europa e del Nord America, che hanno una forte capacità di attrarre investimenti e generare spinoff. Va citato inoltre il caso di Israele, che ha il numero di brevetti pro-capite più alto al mondo. L’innovazione qui è interpretata in chiave imprenditoriale ed è quello che in futuro dovremo saper fare sempre meglio nelle Università.

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