Nel febbraio del 1992, Valerio Volpini chiedeva a Carlo Bo, sulla scorta dei passi del Vangelo di Giovanni, una interpretazione in forma di racconto della fede inquieta di Nicodemo. Il Magnifico rispose confezionando, per lettera, un soliloquio compostamente tormentoso in cui la luce profonda dell’interrogazione sul segreto conflitto tra essere e dover essere si scioglieva in toni delicatissimi di preghiera. Era l’invocazione dolente di Nicodemo, era l’invocazione dolente di Carlo Bo.

La prosa, dattiloscritta e sconosciuta, è stata pubblicata in plaquette col titolo Confessione di Nicodemo, su premura del Rettore Giorgio Calcagnini, il 21 luglio 2021 nel ventesimo anniversario della morte di Bo. Il ritrovamento del documento e la cura della stampa, ad opera dell’editore Raffaelli, si devono a Tiziana Mattioli, docente di Letteratura italiana dell’Ateneo urbinate, che ha ideato e coordinato il progetto internazionale Urbinate per sempre. Architetture della luce e dello spirito, promosso nell’ambito del Prorettorato allo Sviluppo di Partenariati Strategici Nazionali e Internazionali di Uniurb.

Alla studiosa e all’amore pieno che ha per il mestiere della letteratura si deve anche l’interpretazione di queste pagine inedite, che nella sua voce trovano la forza di un’intrepida trasparenza e verità.

 

Professoressa Mattioli, nella sua lettura le parole di Bo convergono in un movimento di suoni che dal cuore le porta allo spirito di chi ascolta. Grazie di questa emozione che davvero travolge.

È una pagina di bellezza struggente, intima e sapienziale, questa Confessione di Nicodemo: un inedito di Carlo Bo che il Rettore Giorgio Calcagnini ha voluto pubblicassimo il 21 luglio 2021, proprio per la ricorrenza della scomparsa, in una sobria ed elegante plaquette. Oggi la proponiamo in forma di lettura ad alta voce, entro la serie di mirabili parole che il Grande Rettore ha dedicato alla città e ai suoi artisti.

 

Certo, in questa narrazione che svolgiamo da quasi un anno, in una vera e propria cordata d’amicizia – anche in un percorso che sentiamo identitario – siamo ora a sostare su riflessioni diverse, quasi su un testamento spirituale, anche se sempre la scrittura di Bo ha valenza etica e autobiografica, per una ricerca che va sempre al cuore dell’uomo, e di ogni autore. Tuttavia ci è sembrato importante includere questo brano proprio nel tempo dell’Avvento, perché tempo di rivelazione e di speranza anche per la coscienza laica.

 

Vorrei ricordare qui che la volontà che abbiamo condiviso, sin dall’inizio, col Rettore Giorgio Calcagnini e con la prorettrice Antonella Negri, poi con una lunghissima lista di amici e una larga presenza di Istituzioni nazionali e oltre nazionali, non voleva appellarsi solamente ad una occasione celebrativa, ma determinare un tempo lungo di meditazione, di impegno, di studio, di responsabilità di fronte ad una eredità culturale incalcolabile che in Urbino respiriamo ogni giorno, e che ogni giorno, anche al di là della nostra consapevolezza, ci nutre e ci accompagna. Insomma, non è stata una corsa verso il fare, ma proprio verso il pensare.

Il tempo corre verso la conclusione del progetto. Quale bilancio possiamo tentare?

Ci avviciniamo a un tempo di bilanci, proprio al compiersi del progetto, il 25 gennaio prossimo, genetliaco di Carlo Bo, e ancora tante cose ci attendono. Esperienze bellissime, come quella che presenteremo tra pochi giorni, il 29 novembre, alla sala del Giardino d’Inverno, e che avrà per protagonisti gli studenti e i docenti dell’Università di San Antonio (Texas), guidati dal decano John Murphy, che hanno ricostruito in rilievo digitale i sotterranei di Palazzo ducale, e qui allestito una serie di mostre d’arte virtuali che certamente ci affascineranno. Ma anche in questo caso, ciò che può sembrare estemporaneo ed evanescente, lascerà invece la sua importante eredità all’intera città, con la restituzione di un rilievo perfetto e tecnicamente fruibile della realtà ipogea del Palazzo, che brilla, oltre che nell’aria magica di Urbino, anche nel segreto delle sue stanze vicine al cuore della terra.

 

Ma sono in arrivo anche bellissime pagine di scrittura, da molti luoghi del mondo, che metteremo a disposizione intanto come libri digitali, poi, crediamo, a stampa. E un’ultima lettura, assai importante, che per ora teniamo segreta ma sarà significativa sia per il testo che per l’interpretazione. E l’intera collezione dei brani, con modalità che stiamo approntando e in parte impaginando perché siano di fresca fruibilità.

 

Volgendoci indietro, dalla mostra che ha inaugurato l’anno, poi trasferita a Sestri Levante, della quale ci resta un prestigioso catalogo oltre l’indimenticabile ricordo del sostegno della famiglia Bo, e del sindaco Valentina Ghio, come dell’assessore Elisa Bixio; dalla pubblicazione della plaquette Confessione di Nicodemo alle attuali undici letture (ché la prima è quasi un numero zero), al lavoro dell’Università di San Antonio, e a ramificate collaborazioni con la mostra attuale a Palazzo Passionei, condivisa con Ursula Vogt, Elena Baldoni, Salvatore Ritrovato: Carlo Bo. La letteratura, le città, la vita (1911-1951) e con la trasmissione “Le Meraviglie” a questo dedicata da Massimo Raffaeli; dagli scritti di Simone Dubrovic, di Marco Faini, di Paola Ugolini, e anche miei, in collaborazione con la cattedra ISIA del Professor Paolo Semprucci, beh, bisogna dire che veramente tanto lavoro è stato fatto. Quotidiano lavoro, con la vicinanza decisiva di sapienti e affettuosi amici. Senza di loro, e senza il sostegno e l’impegno generosissimo di due figure cardinali, come Donatello Trisolino ed Emanuela Braico, le idee che già si erano presentate alla mia mente due anni fa sarebbero volate via, e giunte vicino alle regioni del nulla.

Grazie infinite a lei… abbiamo percorso insieme sentieri di inaudita bellezza. È stato un viaggio sorprendente, sempre sostenuto da ragioni di fiducia e di straordinaria intesa. E adesso che il passo del commiato si avvicina, quali nuovi desideri e sollecitazioni sorveglia?

Il mio desiderio, oltre a quello di continuare a meditare e studiare e anche possibilmente divulgare la parola di Carlo Bo, e dare il mio contributo alla Fondazione per quanto so e posso fare, sarebbe quello di elencare qui, come minima forma di ringraziamento, la lunga lista degli amici, tra i quali non posso non nominare Roberto Danese e Marcella Peruzzi, Monica Mazzolani e Antonio Troisi, il Direttore di Palazzo Ducale, Luigi Gallo, e l’architetto Stefano Brachetti, che ci hanno accolti e ospitati con liberalità. Solo nominandoli tutti, anche tutti i lettori, e i “consiglieri segreti” come Silvia Cuppini e Lucia Pretelli, si potrebbe comprendere appieno la vera, vasta valenza di questo progetto, e di questo anno di lavoro: nell’essere comunità, e insomma impresa culturale collettiva. Essere Ateneo, infine, e quindi tempio di una certa idea della realtà.

 

 

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