I seminari di LaPolis, quest’anno dedicati a La comunicazione nella politica che cambia, si sono confermati l’appuntamento estivo più significativo del centro Italia sul tema. Sono almeno due le ragioni: il numero dei partecipanti e la qualità dei contributi. Paolo Ruffini, direttore di Tv2000 è intervenuto al terzo dialogo, Comunicare la chiesa. Papa Francesco, analisi di un successo.
Direttore, partiamo dal termine “successo”, come può riferirsi ad un Pontefice?
Avere successo significa riuscire a instaurare una relazione che vada per due versi, tra quello che la Chiesa dice e ciò che il mondo vive. Significa da un lato la comprensione da parte del mondo del messaggio della Chiesa. Dall’altro la capacità della Chiesa di comprendere il mondo. Il Papa è riuscito a rivivificare questo rapporto che, non solo in Italia, rischiava di esaurirsi in una netta separazione tra messaggio evangelico e società. Eppure il successo non ha a che fare solo con la popolarità.
Ciò che ha appena detto pare trovare similitudini con la “logica dei doppi pensieri” di don Italo Mancini, fondatore dell’Istituto di Scienze religiose di Urbino. Bellissima la sua immagine di “un fare di Dio che si accompagni al fare dell’uomo”.
Ci sono molti punti di contatto. Possiamo usare la formula dei “doppi pensieri” o altre. Rimane il fatto che se affrontiamo un’analisi del cristianesimo questa impostazione deriva dalla grande rivoluzione dell’incarnazione. La forza di Francesco sta nel tornare alle origini del cristianesimo.
In questi giorni si è detto molto della foto del bambino siriano morto sulla spiaggia turca. Alcuni giornali l’hanno pubblicata, altri hanno preferito censurarla. C’è un’etica da seguire. Se sì, quale?
Questa è una scelta difficile. Personalmente l’avrei pubblicata sulla base di un principio: non farlo sarebbe come rifiutarsi di vedere la realtà. Al contrario penso che non vadano pubblicate quelle immagini che alimentano il voyerismo. Ci sono scatti che ci interpellano più di qualsiasi editoriale e allora vanno fatti vedere. Nella nostra epoca i numeri e le parole li abbiamo consumati tutti, ci rimane di raccontare il rapporto diretto con le persone.
Come viene gestita a suo avviso l’immagine di papa Francesco?
L’autenticità del Pontefice è dirompente e la gestione che ne viene fatta dagli addetti stampa è giustapposta a questa autenticità.
Breve catalogo per chi non c’era
Conclusi i lavori abbiamo selezionato e raccolto alcuni contributi delle grandi firme del giornalismo che vale la pena rileggere insieme all’intervista a Ilvo Diamanti, che compare su questo stesso blog.
La prima raccolta è tratta dal dialogo Comunicare il premier: politica 2.0
Nando Pagnoncelli, presidente Ipsos
Sua la definizione da manuale che introduce gli altri interventi: “Renzi è un leader immediato e non mediato”
Francesco Nicodemo, responsabile comunicazione Pd
Il successo del premier ha una ricetta precisa secondo i suoi: “Il linguaggio di Renzi è interclassista e post-ideologico”
Marco Damilano, giornalista de l’Espresso
La tv non ha ancora esaurito il suo ruolo, anzi: “Sono importanti i social network eppure la tv per Renzi è rimasto il media privilegiato per i grandi annunci”.
Comunicare la guerra e il terrore
Gigi Riva, caporedattore de l’Espresso
Dopo una ricostruzione geopolitica dell’Is la domanda cruciale: “Come si racconta la violenza?”. Segue risposta lucida e definitiva: “Va contestualizzata, va depotenziata la carica di eroismo e proselitismo contenuta nel messaggio”.
Dall’analisi di Riva va ritagliato anche l’aneddoto che racconta di Zlatko Dizdarevic, l’ex direttore di Oslobodenje, il giornale simbolo della resistenza di Sarajevo: “Quando condividevamo lo stesso tetto ricevette 500 inviti a partecipare a convegni e conferenze. 499 volte disse di no, solo una volta sì. A Urbino: tutta l’urbanità, spiegò, deriva da lì”
Antonio Di Bella, corrispondente Rai da Parigi
Al giornalista appartiene la frase che scava all’origine dell’arruolamento di giovani tra le fila dell’Is: “Le periferie d’Europa hanno perso i sogni. Nelle banlieue francesi il socialismo utopico ha fallito. Lo Stato islamico ha saputo insinuarsi in questa crisi con una grottesca illusione di futuro”.