È alla sua terza edizione ma con delle novità importanti quest’anno. La summer school British and American Cultural Studies innanzitutto ha cambiato nome ed è diventata la scuola estiva di Studi culturali britannici e angloamericani Sergio Guerra, in memoria del docente di letteratura e cultura inglese scomparso un anno fa a causa del Covid-19.

Ma questa non è l’unica differenza con il passato. Abbiamo selezionato alcune delle principali new entry.

On air online

“Per la prima volta – spiega la professoressa Alessandra Calanchi, docente di lingue e letterature anglo-americane, alla co-direzione del corso insieme al professor Antonio Taglialatela dell’Università della Tuscia – le lezioni saranno interamente online”. Una scelta motivata dalla crisi sanitaria che stiamo vivendo ma che non impedirà di tornare in presenza nei prossimi anni, considerando anche la possibilità di adottare soluzioni miste.

Chinamerica first

L’altra novità molto importante riguarda i temi affrontati nel programma. Alla cultura anglo-americana si affiancherà infatti quella cinese, grazie alla collaborazione della tutor didattica Ya-Fang Chang. “Grazie al contributo di una madrelingua di Taiwan, che è una stimata lettrice presso il nostro Ateneo – prosegue la professoressa Calanchi – potremo approfondire i rapporti linguistici, culturali, politici e letterari che esistono tra Cina e America. Questo consentirà inoltre agli iscritti, a fronte di alcune lezioni comuni, di poter scegliere il percorso cinese oppure il percorso americano, che rispettivamente avranno più ore di lezione in lingua cinese e inglese. Il percorso A garantirà infatti una specializzazione in inglese americano. Il percorso B in cinese e americano”.

Alessandra Calanchi, co-direttrice della summer school.

Approccio transcontinentale

“Prima – spiega la direttrice – studiavamo la letteratura, il giornalismo e la cultura americana. Ora studieremo la letteratura, il giornalismo, la cultura, ma anche il mondo dell’economia, della globalizzazione mettendo in rapporto Cina e America; un rapporto che in futuro potrà orientarsi in tante direzioni e indagare per esempio i legami tra vino e letteratura in queste due grandi culture. I punti di contatto sono tanti: per citarne uno, la prima scrittrice statunitense a ricevere il Nobel nel 1938, Pearl Buck, che era cresciuta in Cina. Oppure il professor Shawn Wong, dell’Università di Washington e tra i docenti del nostro corso, che ha portato e continua a portare nei college USA la letteratura asiatica, a testimonianza che c’è una condivisione al di fuori dei conflitti fra le due grandi potenze. In The Martian accade addirittura che l’unico sopravvissuto su Marte, a seguito del fallimento di una missione, riesca a tornare sulla terra soltanto grazie alla collaborazione tra Nasa e Agenzia spaziale cinese”. Nonostante la ricerca di ponti non c’è bisogno di semplificare la complessità delle relazioni fra due Paesi, al contrario: “Gli studi culturali – riprende la professoressa Calanchi – sono un metodo per problematizzare la realtà, per portare alla luce i motivi dei conflitti, aprire lo sguardo a una molteplicità di aspetti e argomenti”.

Tradurre culture

Questa più che una novità è il pilastro della summer school fin dai suoi esordi. Ma quest’anno la relazione tra due “mondi” costituisce un elemento che penetra fino alla radice: “La summer school – viene spiegato nell’abstract di presentazione – si concentra sui principali aspetti linguistici, culturali e letterari dei rapporti fra le due superpotenze, articolandosi in due diversi percorsi, a seconda della specializzazione. La maggior parte delle ore saranno dedicate a laboratori di analisi linguistica e stilistica e traduzione; nelle ore restanti sarà possibile lavorare in gruppi o individualmente sulla piattaforma Moodle”. Proprio nel nodo della traduzione si determinano spesso anche le fratture o le saldature: “In Italia non abbiamo sufficiente cultura della traduzione. I traduttori sono poco valorizzati e in questo modo perdiamo le grandi potenzialità e le opportunità che possono derivare dalla conoscenza di tradizioni antiche come quella asiatica. L’Università in questo senso ha il compito di creare le condizioni perché anche i cinesi o gli altri popoli ‘stranieri’ in Italia partecipino alla diffusione della loro cultura nel nostro Paese. Uniurb ha introdotto l’arabo e il cinese nei propri corsi. La summer school ha il merito di consentire l’accesso al cinese e all’inglese avanzati anche a chi non è iscritto all’Università”. Tradurre cultura oltretutto ha un significato ben preciso, al di là della lingua: “Il corso – rimarca la professoressa Calanchi – presta molta attenzione al contesto, al registro linguistico. La stessa frase pronunciata oggi o negli anni Sessanta può assumere un significato completamente diverso”.

Buoni esempi di cattive traduzioni

“Are you a prizefighter?”. L’esempio che riporta la direttrice del corso è una questione di stile che non fa un buon servizio all’autore de Il grande sonno, Raymond Chandler, né ai lettori in lingua italiana. Fa però un ottimo servizio alla comprensione di che cosa significhi tradurre bene un testo. “Siete un pugilatore?” si domanda quindi nella traduzione italiana… “Se l’utilizzo del voi anziché del tu e della parola pugilatore anziché pugile attiene allo stile, ci sono esempi anche molto più clamorosi…”.

America, Cina, Europa, Italia

Fra i tanti segni distintivi di questa e di future edizioni c’è quello che può essere considerato un pensiero laterale derivato dal confronto fra Cina e America: la riflessione sul posizionamento dell’Europa. “Emergerà certo la domanda – spiega la professoressa Calanchi – ‘a che punto sta l’Europa?’. Bene, leggeremo un testo, Cultura futura, di Sergio Guerra, nel quale si parla di nuovi nazionalismi e che pone la questione di un continente fra America e Cina che fatica a trovare coesione. Sarà interessante capire, non soltanto cosa pensano gli europei dell’Europa, ma che cosa ne pensano cinesi e americani. Il caso italiano merita una trattazione ancora a parte. Certamente siamo culturalmente filoamericani, per via delle grandi narrazioni che hanno segnato la nostra storia: quella di Cristoforo Colombo, quella degli emigrati e del sogno americano, quella della liberazione dal nazifascismo, quella del cinema. La Cina, più lontana anzitutto per una questione di lingua e di religione (senz’altro meno vicina a noi dell’America protestante), va però scoperta. Vorrei infine precisare che il parallelo non è venuto dal fatto che abbiamo preso due superpotenze. Non è così. Abbiamo scelto queste due culture, quella americana e cinese, perché le nostre competenze, mie e della professoressa Chang, ci consentivano un approfondimento in questa doppia direzione”.

Cultural studies… economic goals

Se l’economia non abbraccia tutta la cultura di un Paese o di un popolo, la cultura può includere certamente l’economia e i suoi obiettivi. “Con la professoressa Bettina Mottura, dell’Università Statale di Milano – aggiunge la professoressa Calanchi – parleremo di molti temi che possono avere anche un interesse di ordine commerciale, per chi intrattiene rapporti con aziende cinesi, oppure lavora nel settore del turismo. Perché se è vero che dobbiamo essere bravi a far conoscere l’Italia, a esportare la sua cultura, dobbiamo esserlo altrettanto a capire le differenze, a conoscere l’altro, a superare gli stereotipi. Inoltre non dimentichiamo che, anche in una trattativa commerciale, nel corso di un incontro aziendale, si parla di tante cose e la cultura di base è un ottimo strumento di conversazione”.

Il ruolo delle tecnologie e quello della formazione

L’approdo a un nuovo approccio è senza dubbio facilitato, sia guardando a occidente sia a oriente, dagli scambi resi possibili dalla tecnologia, da internet, dal traffico di informazioni, dalla possibilità di viaggiare, di incontrare e parlare con gli autori. Ma non basterà questo a salvarci dalla mediocrità delle traduzioni. Nelle conclusioni di chi dirige il corso c’è un esempio lampante per ridare alla formazione il posto che merita: “Pur con degli errori la migliore traduzione che abbiamo di Moby Dick è ancora quella di Cesare Pavese. Oggi che abbiamo molte più scuole, master e dizionari a disposizione, dobbiamo comprendere a fondo che tradurre è un’arte, un’azione che nonostante tutti gli strumenti tecnici a disposizione, continua a esulare dall’ambito puramente linguistico”.

Come ci si iscrive?

Per iscriversi al corso, che si terrà dal 5 al 9 luglio, sarà possibile presentare la propria domanda fino al 30 giugno. Per tutti i dettagli tecnici e per conoscere l’importo dell’iscrizione basta collegarsi a questo link.

 

Immagine in evidenza: Samuel Branch, Denis Pan

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